Ginecologia ed Ostetricia
Ecografia di accrescimento fetale
A cosa serve l’ecografia di accrescimento fetale?
Questa ecografia ha essenzialmente lo scopo di valutare la crescita del feto, permettendo di rilevare per tempo un’alterazione nello sviluppo intrauterino.
Quando si esegue?
L’ecografia di accrescimento del terzo trimestre si esegue fra la 30esima e la 32esima settimana di gravidanza.
Cosa si misura?
Si misurano alcuni parametri (diametro biparietale, circonferenza cranica e addominale, lunghezza del femore) che vengono confrontati con i valori rilevati nelle precedenti ecografie e con i parametri di riferimento della settimana di gestazione (valutazione del percentile). In tal modo sarà possibile riconoscere un accrescimento fetale inferiore o superiore a quello atteso. Per questo motivo è molto importante portare all’esame le precedenti ecografie che così potranno essere esaminate per evidenziare con certezza un eventuale problema.
Nel corso di questa ecografia si possono rilevare anche anomalie fetali?
Nelle gravidanze a basso rischio questo esame non ha l’obiettivo specifico di riconoscere eventuali malformazioni, ma è possibile ricercare le eventuali anomalie che si possono manifestare proprio in quest’ultimo periodo di gravidanza come problemi alle vie urinarie, al sistema nervoso, all’apparato digerente, o patologie cardiache, benché lo sviluppo del feto in questo periodo non consenta un completo studio della sua anatomia.
Cosa valuta il ginecologo oltre allo sviluppo fetale?
Nel corso dell’esame si valuta anche la quantità di liquido amniotico (segno di benessere fetale), le condizioni e la posizione della placenta rispetto al collo dell’utero (per la diagnosi definitiva di placenta previa) e si visualizza la presentazione fetale (cefalica, podalica o trasversale).
Quando il feto presenta un rallentamento nella crescita rispetto all’età gestazionale, è possibile utilizzare un’altra tecnica: la flussimetria. Questo esame permette di valutare la “quantità” di sangue che raggiunge il feto e che passa attraverso il cordone ombelicale, o che circola in altri distretti corporei, aiutando a riconoscere i casi a rischio.